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Reportage la meglio gioventù 3: voce agli studenti di medicina

Le Associazioni di volontariato sono ben conosciute e Aido incassa dei buoni riscontri rispetto alla formazione fatta nelle scuole, soprattutto nell’area di Monza. Emerge dunque dagli studenti (tutti lombardi) rispetto gli specializzandi in gaestroenterologia…

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GIOVANNI RINDONE

Laurea ad ottobre 2018 in medicina presso l’Università Milano Bicocca.

Quando ero piccolo e ancora a scuola il mio desiderio era fare ricerca, per questo avevo pensato a biotecnologia e biologia. Nel momento della scelta universitaria, spinto dalla curiosità e dalle possibilità legate a medicina, ho scelto questa facoltà, nonostante sapessi che il percorso sarebbe stato lungo. Dopo i primi due anni, quando sono cominciate le esperienze in ospedale ho capito che quella era davvero la via giusta perché all’interesse scientifico si abbinava l’aspetto umano, per il quale ho scoperto di essere portato. Sto per discutere la tesi in ematologia dopo aver partecipato ad una ricerca sui pazienti che soffrono sia di linfomi che di HIV, la specializzazione sarà proprio in ematologia dove unire ricerca e cura sarà possibile”.

Cosa sai del mondo dei trapianti?

“Dopo gli anni all’Università certamente di più di quanto ne sapessi in precedenza. Confesso che prima di iscrivermi sapevo solo dell’esistenza del trapianto di organi solidi, che immaginavo come un passaggio tra il donatore, ormai senza vita, e il ricevente”.

Cosa hai imparato sul trapianto all’Università?

“Abbiamo avuto un inquadramento sui diversi tipi di trapianto e  in particolare, mi ha interessato il tema del trapianto di midollo che non conoscevo. I maggiori approfondimenti sono legati agli organi solidi, in particolare al sesto anno con le lezioni del prof. De Carlis sugli aspetti chirurgici e tecnici”.

Cosa manca?

“La formazione ad affrontare questi temi con il pubblico e con i futuri pazienti. Abbiamo ottime lezioni di tecnica, ma manca qualcosa che lavori veramente sulla sensibilizzazione degli studenti e sulla loro capacità di trasmissione di questi contenuti, sarebbe importante perché saranno loro i medici del futuro”.

Esistono ancora stereotipi come trapianto uguale chirurgo; oppure trapianto uguale cuore?

“Non mi sono mai posto la questione”.

Fuori dall’Università come sono conosciuti il tema del trapianto e della donazione?

“Rispetto a quanto accade fuori il problema è a monte, non credo riguardi il cosa si sappia ma addirittura il che si sappia qualcosa della possibilità di donare”.

Cosa fare in futuro?

“Insisto sulla sensibilizzazione. Gli unici incontri con le Associazioni come Avis, Aido e Admo sono avvenuti in questi anni tramite il SISM e non tramite l’Università che invece dovrebbe prevedere occasioni incastonate nella didattica. Chi studia medicina è per sua natura propenso ad avvicinare e sostenere l’altro, investire su questo settore significherebbe farlo a favore della comunità medica ma soprattutto di tutta la comunità”.

ELISA GALIMBERTI

Laurea ad ottobre 2018 in medicina presso l’Università Milano Bicocca. Donatrice Avis, Aido, Admo.

“Mi sono iscritta a medicina perché da sempre sono stata interessata alle materie scientifiche e alla possibilità di curare l’uomo. Ho seguito le attività di Associazioni come Emergency, Medici senza Frontiere e di quelle attive nei Paesi in via di sviluppo. Da questo interesse continuo, e dall’incontro con una ginecologa-ostetrica operante in Africa, è nata anche la scelta di partecipare ad un tirocinio in Indonesia attraverso il SISM (Segretariato Italiano Studenti in Medicina). A quell’esperienza hanno fatto poi seguito l’erasmus in Germania, tramite l’Università, i due mesi in Giappone e il mese in Huganda tramite Extra Ue proposti sempre dalla Bicocca. Da questo giro del mondo mi sono portata a casa tante diversità, il differente approccio alla medicina, al suo studio, alle malattie, al rapporto con il paziente. Ora mi aspetta la laurea, che discuterò in Ostetricia e Ginecologia e poi la specializzazione in questo indirizzo”.

Cosa hai imparato sul trapianto all’Università?

“Il trapianto di organi è stato trattato nel corso di patologia e immunologia, al terzo anno in semiotica chirurgica, all’ultimo anno con il prof. De Carlis e i suoi collaboratori in clinica chirurgica con approfondimenti interessanti. Del trapianto di midollo si discute invece sia in patologia-immunologia che in ematologia”.

Cosa manca?

“In Università si parla poco di donazione, mancano informazioni agli studenti e informazioni su come - una volta medici - dialogare di questo tema con la popolazione civile. Attraverso il SISM, in occasione di feste, sono stati organizzati momenti di promozione di Aido, Avis e Admo ma si tratta di eventi rivolti ad una nicchia e promossi dagli studenti, mai dall’Università. Dal punto di vista clinico invece la formazione è buona e per chi poi è interessato ad un campo così specifico, attraverso il Niguarda, si aprono concrete possibilità di tirocinio”.

Esistono ancora stereotipi come trapianto uguale chirurgo; oppure trapianto uguale cuore?

“No, in realtà non ci ho mai pensato”.

Fuori dall’Università come sono conosciuti il tema del trapianto e della donazione?

“Tra gli studenti di medicina il tema è conosciuto, ma tra la popolazione esistono ancora falsi miti. Nel corso dei momenti di formazione, che tengo con Avis nelle scuole superiori, spesso gli studenti dicono che non conviene essere donatori perché in caso di grave incidente, al pronto soccorso, i medici preferirebbero considerarti più un donatore che un paziente da curare! Ci sono anche tante informazioni sbagliate sulla donazione di midollo che si crede molto dolorosa e non si sa invece che può avvenire tramite prelievo periferico. Agli studenti fa paura anche l’ago usato per il prelievo di sangue, ma una volta avvicinati e rassicurati molti di loro cambiano idea e diventano donatori”.

Cosa fare in futuro?

“Incentivare la formazione, attraverso corsi elettivi, sul tema della donazione e su come relazionarsi con i pazienti in termini di informazione e promozione. Ritengo che per gli studenti di medicina questo debba avvenire nell’ambito dell’Università perché i professori sono visti come figure di riferimento in modo molto forte. Tra studenti universitari o delle scuole superiori invece potrebbe funzionare meglio la costruzione di momenti formativi tra pari, dove la relazione personale e l’esempio dell’altro potrebbero essere incentivanti”.

MATTEO PELUCCHI

Da ottobre 2018 sarà iscritto al 4° anno di medicina presso l’Università Milano Bicocca.

“Ho scelto medicina per la ricaduta sociale del lavoro di medico ma altrettanto importante è stato l’interesse per le materie, cresciuto in particolare quest’anno quando abbiamo affrontato la clinica più specifica”.

Cosa sai del mondo dei trapianti?

“Grazie all’Università ne ho una visione completa, confesso che prima sapevo qualcosa solo della donazione di sangue”.

Cosa hai imparato sul trapianto all’Università?

“Ci è stata data una formazione specifica da immunologia a patologia clinica, sempre con un carattere strettamente scientifico”.

Cosa manca?

“Per noi studenti una visione d’insieme che consenta di unire quanto appreso nei diversi corsi; inoltre una formazione alla divulgazione”.

Esistono ancora stereotipi come trapianto uguale chirurgo; oppure trapianto uguale cuore?

“Tra gli studenti di medicina certamente no, tra la popolazione è possibile, anche se negli ultimi anni le diverse campagne di sensibilizzazione stanno portando alla diffusione di una sempre migliore conoscenza riguardo al tema dei trapianti”.

Fuori dall’Università come sono conosciuti il tema del trapianto e della donazione?

“Vivo in provincia di Como e posso dire che lì la donazione di sangue è una realtà viva e diffusa, per quella degli organi c’è molto lavoro da fare. Penso che nelle grandi città il lavoro di Aido sia efficace, ma nei piccoli paesi talvolta percepisco timore attorno a questo argomento”.

Cosa fare in futuro?

“Penso che l’Università possa avere un ruolo centrale e che possa affiancarsi al SISM che già lavora in termini di promozione e che ottiene buon riscontro grazie alla comunicazione diretta tra studenti”.

RODOLFO LUIGI PESSINA

Laureato nel luglio 2018 in medicina presso l’Università Milano Bicocca. Donatore Aido, Avis, Admo.

“Mi sono iscritto a medicina per fare lo psichiatra, lo sognavo fin dall’iscrizione. Nell’ultimo anno di studi ho frequentato il reparto all’Ospedale di Monza e ora spero di poter fare lì la specializzazione”.

Cosa sai del mondo dei trapianti?

“Sono figlio di un donatore Aido e Avis e questo contesto famigliare mi ha consentito di conoscere l’importanza della donazione, così come gli interventi in classe di queste Associazioni durante i miei anni al liceo scientifico Paolo Frisi di Monza. Tutto questo mi ha spinto a 18 anni ad iscrivermi all’Avis, all’Admo e all’Aido”.

Cosa hai imparato sul trapianto all’Università?

“La prima volta che ci siamo interfacciati con questo tema è stato al secondo anno quando ci siamo occupati di immunologia e patologia, si è studiato in particolare il ruolo degli immunosoppressori e le possibili reazioni ad essi. In seguito per i singoli organi il trapianto è stato affrontato nel contesto specifico dei diversi corsi. Quello di fegato nelle lezioni di Strazzabosco, di rene nel corso di urologia e alcuni aspetti sono stati ripresi in oculistica in relazione a patologie particolari. Il prelievo e il trapianto più nel dettaglio sono stati studiati tra il terzo e il quarto anno per medicina legale e anatomia patologica; nell’ultimo invece l’approccio è stato più clinico e si è studiata la gestione del paziente trapiantato. Il prof. De Carlis, inoltre, ci ha insegnato molto sulla chirurgia del trapianto di fegato e ha invitato chi fosse interessato alla chirurgia ad assistere ad un trapianto al Niguarda oltre che ad offire la sua disponibiltà come relatore per la tesi”.

Cosa manca?

“Una visione d’insieme. Gli argomenti sono trattati anno per anno nelle diverse aree specialistiche”.

Esistono ancora stereotipi come trapianto uguale chirurgo; oppure trapianto uguale cuore?

“Per la popolazione in generale è vero che il trapianto è visto ancora come l’attività del chirurgo; chi studia medicina invece ha idea delle molte professionalità che sono coinvolte. Personalmente mi ha molto interessato vedere come all’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo sia stata approntata un’équipe apposita di psicologi del trapianto, mentre negli altri ospedali il supporto è fornito a rotazione da chi opera a sostegno dei più diversi reparti. Bergamo rappresenta l’avanguardia, ma credo che sia la strada più giusta”.

Fuori dall’Università come sono conosciuti il tema del trapianto e della donazione?

“A Monza credo di aver vissuto un esempio virtuoso, ma spesso non è così. Attorno a questo tema c’è ancora un forte sbilanciamento tra Nord e Sud dove ancora persistono molti dubbi a causa della poca informazione. All’estero ci sono realtà interessanti e dai racconti di una compagna d’Università che ha avuto un’esperienza erasmus in Inghilterra ho percepito una maggiore apertura anche verso donazioni che coinvolgevano bambini”.

Cosa fare in futuro?

“Incentivare la formazione, a tutti i livelli. Migliorarla attraverso la comunicazione e la promozione. Ricordo che nel corso dell’esperienza a medicina, in occasione di feste ed eventi, più volte si è registrata la presenza di Aido e alcuni compagni di corso si sono iscritti proprio in quel momento. La stessa cosa non è successa per Avis e Admo perché non sono venuti. Mi sorprende sapere che molti medici non sono iscritti a queste Associazioni, lo trovo addirittura assurdo per l’Avis. Esiste un’idea per la quale il medico è sicuramente una figura dal grande cuore, ma non è sempre così. Diffondendo meglio il messaggio si potrebbero coinvolgere in prima persona proprio gli studenti di medicina formando una nuova generazione di medici più generosa su questo fronte”.

GLORIA MAGNI

Laurea ad ottobre 2018 in medicina presso l’Università Milano Bicocca.

“Fin da piccola ho desiderato diventare medico, con il tempo mi ha sempre affascinato in modo crescente lo studio del corpo umano e la possibilità di usare le conoscenze acquisite ai fini della cura dell’altro. Ad ottobre discuterò una tesi in medicina d’urgenza sulla gestione dei pazienti ipertesi in pronto soccorso”.

Cosa sai del mondo dei trapianti?

“Che è una tecnica di cura in ultima fase utile a sostituire un organo che ha perso la sua funzionalità; si possono trapiantare organi, tessuti e cellule come ad esempio le staminali per i trapianti in ematologia. Prima di entrare all’Università sapevo cosa fosse un trapianto, ma non avevo un’idea specifica di cosa si potesse trapiantare. Dovevo la mia conoscenza al lavoro fatto da Aido sul territorio negli anni di studi al liceo Casiraghi di Cinisello Balsamo”.

Cosa hai imparato sul trapianto all’Università?

“Durante il percorso universitario gli stimoli sono stati tanti ma quello che più mi è rimasto, e che cerco di trasferire, è che cosa si possa fare attraverso la donazione, chi possa essere donatore e chi ricevente. Nelle lezioni di immunologia si è trattato del rigetto e della compatibilità, in anatomia patologica del delicato tema della morte cerebrale e degli aspetti burocratici ad essa connessi, al sesto anno con il prof. De Carlis degli aspetti chirurgici e in particolare di quelli legati al trapianto di fegato. Ritengo che le conoscenze cliniche fornite siano state molto valide, per chi non ha un interesse indirizzato alla specializzazione”.

Cosa manca?

“Sarebbe interessante capire meglio chi sul territorio opera a stretto contatto con i cittadini. Nel corso degli studi i contatti con Aido ci sono stati, ma attraverso il SISM e non per via dell’Università in veste ufficiale, eppure c’è stato interesse tanto che molti tra noi si sono iscritti grazie alla presenza di stand allestiti in occasione di eventi. Servirebbe dunque qualcosa nell’ambito della didattica standard”.

Esistono ancora stereotipi come trapianto uguale chirurgo; oppure trapianto uguale cuore?

“A medicina è ben chiaro che il trapianto sia un argomento multidisciplinare attorno al quale ruotano molti specialisti, tra le persone comuni invece il primo richiamo al trapianto è certamente l’operazione chirurgica e credo che le prime associazioni siano quelle al rene e al fegato dei quali oggi si parla molto”.

Fuori dall’Università come sono conosciuti il tema del trapianto e della donazione?

“La popolazione ha poco accesso a questi temi. Mi è capitato di affrontare questo argomento con persone non attive in ambito medico e le loro idee erano molto confuse rispetto a cosa accada in occasione di un trapianto, soprattutto quali siano le circostanze in cui si diventa donatore. Le informazioni si possono avere sui siti di Aido e delle Associazioni operanti nel mondo della donazione, ma la maggior parte dei cittadini non sente la spinta a informarsi.  Deve dunque esserci un tramite che permetta loro di accedervi; a svolgere questa funzione in vista del futuro può essere prima di tutto la scuola”.

Cosa fare in futuro?

“Credo sia importante sensibilizzare i giovani fin dalla scuola superiore, così come credo sia molto utile poter esprimere la propria volontà sulla donazione presso l’anagrafe del Comune. E’ un’occasione che prima o poi, rinnovando la carta d’identità, capita a tutti e quello può essere il momento per avvicinare i più ad una questione che sentivano lontano. Sarebbe dunque opportuno avere personale formato o capace di indirizzare a chi, come Aido, possa dare le risposte più complete e corrette. Il cittadino potrebbe allora comprendere quanta importanza avrebbe il suo consenso”.