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«Uscirò dal cancello della fabbrica e non tornerò mai più? Chi lo decide?- Decide soltanto il destino o decido io o qualcun altro?»

Con queste parole Ettore Sottsass accompagna una serie di scatti fotografici e acquarelli in cui, già negli anni ’70, ragionava sui diritti universali.
‘Ettore Sottsass. Design Metaphores’ è il titolo della mostra in corso alla Triennale di Milano fino al 21 aprile 2024 con fotografie e disegni realizzati tra il 1972 ed il 1978 dallo stesso architetto e designer italiano. Articolata in sezioni tematiche, nella parte dedicata ai diritti dell’uomo, Sottsass si domanda: “Chi decide se nella mia stanza entrerà il sole o invece non entrerà mai? - Chi decide se potrò continuare a lavorare alla mia scrivania o se invece me ne devo andare e non potrò lavorarci mai più?”.
L’interrogativo sui limiti alla libertà di scelta personale nei rapporti di lavoro, dall’assegnazione della scrivania fino al panorama che potremo vedere dalla finestra a cui siamo più vicini rispetto alla nostra postazione, e le questioni legate ai nostri possibili margini di scelta in ambito lavorativo si legano in maniera sorprendente con le attuali istanze evidenziatesi a partire dal fenomeno dei Grandi licenziamenti. (F.S)

Il successo di un personaggio come Frank Gramuglia, comico social di 36 anni famoso per le sue battute a tema ufficio, è la prova di come il mondo del lavoro sia percepito in modo diverso dai giovani, che non sono più disposti a sacrificare la propria salute o il proprio stile di vita nel nome di un fantomatico successo. Con i suoi oltre 2 milioni di follower raccolti tra le piattaforme Instagram, Tik Tok e YouTube, Gramuglia ti fissa dallo schermo del telefonino con lo sguardo di chi ti vuole svegliare da un sonno che hai continuato per troppo a lungo e con malcelato sfottò dichiara cose tipo: “Quando dicono ‘siamo una famiglia’ significa che avrai le colpe di tutto ed i meriti di niente” o “Flessibilità oraria vuol dire 24 ore al giorno per sette giorni a settimana”. È chiaro che per i giovani le frasi motivazionali, non suonano più come credibili: più che motivare fanno ridere amaramente.
“Esiste un impianto di retorica intorno al lavoro. La retorica della gavetta, quella del fare sacrifici, del dimostrare la propria buona volontà ed attaccamento al lavoro, dell’essere una grande famiglia. Tutto questo purtroppo sappiamo che spesso nasconde semplicemente la volontà di pagare poco” esplicita la scrittrice Greta Pavan, autrice classe 1989 di ‘Quasi niente sbagliato’ il romanzo che ha ricevuto la menzione speciale al Premio Calvino 2022. “Ormai ci è chiaro che la retorica del duro lavoro per diventare qualcuno, oggi non ha lo stesso significato che poteva avere cinquanta anni fa ma sbaglia chi pensa che il lavoro abbia perso di importanza agli occhi dei giovani. Quello che loro chiedono è di non trattare questo tema come un gioco, di non prenderli in giro. A proposte di lavoro serie i ragazzi rispondono seriamente”.

Contro il lavoro tossico 
Alla domanda su cosa sia un posto di lavoro tossico Frank Gramuglia risponde secco “Un posto dove chi si impegna non viene premiato”. Ma attenzione, il concetto di premiazione non è riducibile semplicisticamente allo stipendio. Chi rassegna le dimissioni è in cerca di orari flessibili, percorsi di crescita professionali e possibilità di smart working. Non si tratta di non voler più lavorare, ma di farlo secondo regole d’ingaggio diverse che tengano conto anche del proprio star bene.
“I più giovani considerano il lavoro qualcosa che determinerà molto chi si è e si sarà in futuro come persone” continua Greta Pavan che nel suo libro ha tratteggiato l’esordio nel mondo del lavoro e la formazione di una ragazza non ancora trentenne “per questo è importante agli occhi di un giovane che i rapporti di lavoro si improntino sulla decenza. Paghe decenti, salute mentale preservata, rispetto per la persona ed il suo valore. Il lavoro per i giovani è una cosa seria e va affrontata come tale, non si accettano proposte ridicole”.
Una riflessione seria sul modo di lavorare e sul rapporto che abbiamo con i nostri impieghi si sta finalmente imponendo? Forse, si spera. Se si giungerà ad una nuova consapevolezza di come il lavoro sia una delle questioni essenziali per una buona qualità della vita allora forse diminuirà anche l’utilizzo di farmaci antistress.